L’Europa come casa comune dei diritti e della cittadinanza

L’evento nazionale dedicato al Goal 16 si è incentrato sui temi dell’inclusione e della responsabilità della società civile, due concetti che devo avere un ruolo chiave nella promozione di istituzioni giuste e accessibili a tutti. 14/10/21

 

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Trovare la forza per rinnovare le basi dei diritti di tutte e tutti e dell’idea stessa di cittadinanza: questo il messaggio di fondo emerso dall’evento nazionale “L’Europa e i diritti universali di cittadinanza”, che si è svolto lunedì 11 ottobre nell’ambito del Festival dello Sviluppo Sostenibile. L’incontro, organizzato dal Gruppo di lavoro ASviS sul Goal 16 “Pace, giustizia e istituzioni solide” con Posteitaliane in qualità di tutor, è stato aperto da un intervento introduttivo di Marcella Mallen, presidente dell’ASviS e di Fondazione Prioritalia. La presidente ha presentato lo stato dell’arte del raggiungimento del Goal 16 e ricordato che “gli Stati membri riconoscono che non ci può essere sviluppo sostenibile senza pace, né pace senza sviluppo sostenibile”.

 

Tra i punti cardine che hanno orientato la discussione è stato ricordato il Quaderno Lettura ragionata dell’Enciclica ‘Fratelli tutti’ alla luce dell’Obiettivo 16, elaborato dal Gruppo di lavoro ASviS sul Goal 16. “Nell’enciclica il pontefice ci dice che la fraternità deve aprirsi al mondo della politica per alimentare una cooperazione tra le nazioni e non cedere mai alla tentazione di costruire muri anziché ponti”. Mallen ha poi ricordato che l’evento è registrato nella piattaforma messa a disposizione dalla Conferenza per il futuro dell’Europa e invitato a consultare il quinto Quaderno ASviS, che vuole “offrire un contributo informativo a supporto del dibattito sul futuro dell’Europa”.

L’introduzione dell’evento è proseguita con le parole di Filippo Salone, coordinatore del Gdl ASviS sul Goal 16: “Abbiamo provato a inquadrare il tema della cittadinanza europea attraverso tre macro-temi che si riconducono allo spazio destinato al Goal 16 nel Rapporto ASviS 2021. Il primo macro-tema interessa la violenza, i crimini e lo stato di diritti. Vi è una sensibile diminuzione di azioni criminali quali furti, omicidi e atti di violenza privata riconducibili al periodo pandemico. Ci sono però dei rischi: in Italia è aumentato il rischio di corruzione, cresce il livello di polarizzazione ideologica e si verificano sempre di più fenomeni di intolleranza a livello pubblico. Il secondo macro-tema riguarda la partecipazione alla cittadinanza attiva e l’apertura alla trasparenza del processo decisionale pubblico dell’amministrazione. Il terzo macro-tema parla invece di cooperazione e della negoziazione delle politiche per lo sviluppo sostenibile, un concetto che trova ampio spazio nella Conferenza sul futuro dell’Europa, un’Europa baricentro di Pace. Una Pace intesa come Pace positiva, costruita giorno per giorno dalle azioni e dalle iniziative dei policymaker”. Salone ha continuato il suo intervento esponendo il concetto di “artigiani della Pace”, coniato con l’idea di non lasciare nessuno indietro.  

Nella lettera del sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega Affari europei, Vincenzo Amendola, è stato ricordato che “bisogna guardare a un futuro più equo, sostenibile e inclusivo. Questo non è solo il momento di ricostruire ciò che la pandemia ha danneggiato, ma di implementare le politiche dell’Europa e mirare a promuovere società inclusive. Il raggiungimento dei 17 SDGs necessita l’apporto dell’Ue e l’Italia è un attore fondamentale in questo processo”.

Prima di aprire il primo panel è stato diffuso un video-contributo di Pietro Bartolo, vice-presidente della commissione Libertà civili e affari interni del Parlamento europeo, che ha affermato: “C’è un conflitto evidente tra chi vuole perpetuare lo status quo e chi spinge per invertire la rotta, e i giovani possono fare la differenza. Le ragazze e i ragazzi sono nelle strade per pretendere dai governi la difesa dell’ambiente, non prendiamoli in giro, anzi prendiamoli sul serio. Con amarezza vedo che c’è chi si scaglia con odio verso le persone migranti che scappano spesso da guerre, dalla fame e dalla sete prodotte dal cambiamento del clima. Dobbiamo prendere consapevolezza di questi processi ed essere in grado di governarli, non possiamo scartare queste persone”.

 


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Diritti umani, sicurezza e democrazia. Il primo panel dell’evento ha affrontato il tema dell’importanza dello Stato di diritto per la promozione della Pace e del contrasto all’odio, la violenza e la discriminazione. Chiara Del Gaudio, conduttrice e giornalista, ha presentato la sessione riprendendo il concetto fondamentale della cura del mondo e dell’umanità e ricordando le parole di papa Francesco: “bisogna cambiare rotta passando dalla cultura dello scarto alla cultura della cura”. L’hanno poi raggiunta sul palco Ilaria Bottigliero, director of policy, research and learning dell’International development law organization (Idlo) e Massimiliano Monnanni, responsabile per la Responsabilità sociale d’impresa nella struttura del governo rischi di gruppo in ambito corporate affairs di Posteitaliane. Collegati da remoto Gherardo Colombo, fondatore dell’associazione Sulle Regole, Pier virgilio Dastoli, presidente del Movimento europeo Italia ed Enza Pellecchia, direttrice del Centro “Scienze per la pace” dell’Università di Pisa e coordinatrice della Rete università per la pace.

 

Ilaria Bottigliero ha spiegato come “La missione dell’Idlo è di consolidare le leggi e la società civile per garantire a tutti la possibilità di realizzare i propri diritti fondamentali. Tramite il nostro lavoro vediamo come ogni giorno la disuguaglianza cresca quando i diritti fondamentali non sono applicati, cioè quando la legge non protegge dalla discriminazione oppure quando la protezione dell’ambiente è indebolita a favore di interessi privati. Il raggiungimento del Goal 16 è quindi importante perché non è pensabile il raggiungimento dei 17 SDGs senza un accesso pieno alla giustizia”.

Ha proseguito Virgilio Dastoli, il quale ha ricordato che l’organizzazione di cui fa parte è impegnata da anni nella promozione dello Stato di diritto. “Purtroppo in questi ultimi anni, per quanto riguarda il raggiungimento dell’Obiettivo 16, sono stati fatti non dei passi in avanti ma dei passi indietro. Dal 1989 a oggi i muri nel mondo sono aumentati da sei a 83 e purtroppo molti di questi muri sono stati costruiti in Europa. Proprio per questo la tematica dei diritti deve essere al centro della Conferenza sul futuro dell’Europa, anche se per ora ha dato un segnale di mancanza di mobilitazione. Abbiamo bisogno di una Carta dei diritti collettivi, non solo di una sui diritti individuali: il diritto all’ambiente, alla pace, allo sviluppo sostenibile”.

La parola è stata poi data a Massimiliano Monnanni, che ha affrontato il tema dei diritti universali: “Spesso in Italia sembra che parlare di diritti sia fuori luogo, non solo per terzi ma anche per se stessi. Invece è un processo che va fatto continuamente perché la consapevolezza dei diritti umani è una parte integrante della costruzione della partecipazione, soprattutto delle giovani generazioni. È importante in chiave preventiva che ci sia un’azione costante e proattiva che riguardi tutte le branche delle amministrazioni, ma che coinvolga anche le imprese e il terzo settore. In Posteitaliane tutto quello che si fa in chiave di responsabilità sociale d’impresa ha un valore doppio: uno per l’azienda e uno che riguarda ciò che possiamo dare al Paese. Per questo abbiamo ideato per i nostri dipendenti un’attività di formazione interattiva sui diritti umani: vogliamo che loro siano i vettori per propagare questi valori nella società”.

È intervenuto in seguito Gherardo Colombo, dell’associazione SulleRegole, che ha approfondito il tema della perfettibilità della giustizia collegata al valore della dignità. “Quale bussola per la risoluzione dei conflitti? Io credo che ne esistono due: una è costituita dall’imposizione, cioè quella che si usa generalmente e che stabilisce chi perde e chi vince. La bussola alternativa è invece quella della composizione, dove il conflitto è mantenuto in vita, risolto apparentemente, come si fa nella giustizia tradizionale. Esistono però delle possibilità date dalla mediazione, dal trovare un punto d’incontro, e io credo che la bussola della risoluzione del conflitto passi attraverso la prevenzione e l’implementazione di campi che non sono direttamente quelli della giustizia, ma quelli della giustizia sociale, dell’educazione, della cultura”.

Enza Pellecchia, giurista dell’Università di Pisa, ha richiamato l’attenzione sulle ambiguità connesse alle scienze per la pace. “La pace non è oggetto di una scienza, non è riconducibile nei confini di una disciplina. Ciò che invece ci deve interessare è il contributo che le scienze, intese come discipline accademiche, possono dare per la costruzione della pace. Purtroppo è noto il contributo che possono dare le scienze alla promozione della guerra, e riportare il tema della pace al centro del dibattito ci porta ad affrontare la responsabilità sociale della scienza, delle scienziate e degli scienziati. Ogni ricercatore deve interrogarsi su quale contributo può dare alla costruzione della Pace”.

Il primo panel si è quindi concluso con un video-messaggio di Cillian Lohan, vice-presidente del Comitato economico e sociale europeo (Cese), che si è focalizzato sul tema dell’inclusività come concetto chiave del Goal 16, perché rappresenta l’essenza del motto nessuno deve rimanere indietro. “Promuovere società pacifiche per lo sviluppo sostenibile, garantire l’accesso alla giustizia per tutti e costruire istituzioni efficaci, responsabili e inclusive a tutti i livelli è un compito immane. Al Cese facciamo leva sulle nostre reti europee per dare impulso all’attuazione di tale obiettivo dall’interno delle istituzioni stesse e la nostra sfida consiste nell’assicurare alle persone il sostegno e le risorse necessarie affinché abbiano la possibilità di essere e sentirsi incluse”.

La società civile europea e le giovani generazioni. Il dibattito è continuato con il secondo panel della giornata intitolato “Il ruolo della società civile per un’Europa più equa, inclusiva e sostenibile per le giovani generazioni”. L’obiettivo è stato andare a riscoprire la prospettiva che può avere l’Ue all’interno della costruzione di società giuste basate sul rispetto dei giovani. Sono intervenuti durante la seconda sessione Giulia Baruzzo, responsabile area Europa settore internazionale di Libera, Alfredo Lanfredi, vicepresidente di Manageritalia Piemonte e Valle d’Aosta, Davide Livermore, direttore Teatro di Genova, Luana Moresco, presidente Fondazione Antonio Megalizzi e Loredana Teodorescu, responsabile degli affari europei e internazionali presso l’Istituto Luigi Sturzo nonché segretaria generale Women in international security Italy (Wiis).

Ad aprire la seconda tappa della giornata è stata Giulia Baruzzo, che ha voluto riportare l’esperienza della Rete Chance (Civil hub against organised crime in Europe), un progetto che si impegna a creare una rete orizzontale contro le mafie a livello europeo. “Abbiamo voluto portare l’impegno di Libera a livello europeo a partire anche dall’ultimo report di Europol che parla di quanto la criminalità organizzata stia rovinando società che subiscono già i problemi di una economia sempre meno attenta alle persone. Se riusciamo a opporci a fenomeni criminali non più legati solo alle mafie italiane possiamo dare delle opportunità ai giovani dandogli un ruolo principale”.

Il secondo intervento è stato tenuto da Alfredo Lanfredi che ha espresso il punto di vista dei manager riguardo al raggiungimento del Goal 16 e il loro sforzo per mettersi al servizio della vita democratica del Paese. “Abbiamo deciso qualche anno fa di dare il nostro apporto alla società civile e di dedicarci alle giovani generazioni perché consideriamo l’etica come fondamentale fattore umano. È importante essere inclusivi e ragionare sulla centralità della persona. Siamo convinti che nuove forme di economia e di finanza debbano essere rispettose della dignità umana e che sia necessario sviluppare un benessere sociale basato non solo sulla tecnologia ma anche sulla crescita della persona. Abbiamo il dovere di difendere il diritto delle generazioni future piuttosto che badare solamente alle esigenze del presente. Nel concreto ciò vuol dire che vogliamo dare alle giovani generazioni la possibilità di ereditare un’Europa aperta a tutti, sostenibile e inclusiva”.

L’iniziativa è proseguita con la dichiarazione di Davide Livermore, che ha parlato del teatro come un ponte, un’opportunità di creare relazioni culturali internazionali. “I giovani sono il nostro futuro, senza di loro non esisterà mai il nostro domani. Purtroppo anche nel teatro italiano facciamo fatica a cogliere il tempo della restituzione, ma vogliamo farlo tornare a essere il luogo di rappresentazione della nostra società. Ci troviamo a chiederci in questo momento storico qual è il ruolo del teatro all’interno della società. Vogliamo quindi prenderci carico dei valori dell’Agenda 2030 perché come attori siamo custodi della convivenza civile”.

Luana Moresco ha invece parlato di memoria, a partire dal ricordo di Antonio Megalizzi, il giornalista italiano ucciso nel 2018 durante gli attenti a Strasburgo. “Vogliamo sottolineare l’importanza di sentirsi cittadini europei, una condizione che purtroppo viene spesso data per scontata ma che porta con sé diritti, responsabilità e doveri. Questo senso di cittadinanza in Antonio era molto forte, ma noi di questo concetto cosa conosciamo? Antonio voleva che le persone fossero informate, desiderava comunicare in maniera efficace e diretta l’Unione europea e soprattutto renderla accessibile ai giovani. Per questo come fondazione ci siamo impegnati a coinvolgere le nuove generazioni e renderle partecipi del dibattito e dei processi decisionali. Siamo consapevoli che ci sono ancora problematiche, ma credere nel sogno europeo vuol dire migliorare la nostra casa”.

Il secondo panel è stato infine chiuso da Loredana Teodorescu, che si è collegata all’intervento precedente parlando di Europa e ha continuato con una riflessione sulla necessità di costruire società più inclusive. “La pandemia ci ha messo a dura prova, ma stiamo scoprendo oggi che è anche un’occasione per ripensare le nostre società in modo più sostenibile, giusto e inclusivo. L’Europa si sta già muovendo in questa direzione e ce l’ha dimostrato in maniera chiara e forte con il Next generation Eu, che incarna il messaggio legato al ripensamento delle nostre società. Per farlo, pensiamo che bisogna stimolare la cittadinanza attiva, il che significa sentirsi parte di una comunità di destino e di valori. Per raggiungere questo obiettivo il ruolo delle organizzazioni della società civile è fondamentale, soprattutto per stimolare un dibattito informato e una cittadinanza che passa per il coinvolgimento”.

A conclusione dell’evento, Marcella Mallen ha tessuto i fili dei ragionamenti che hanno connesso le diverse relazioni susseguitesi durante l’iniziativa. “Abbiamo parlato di ponti, tra generazioni e tra Paesi. Nel primo panel si è discusso di centralità dei diritti umani e di educazione ai diritti umani, di bussola per la loro promozione e di responsabilità sociale degli scienziati. Il secondo panel ha avuto al centro i giovani, l’attenzione alle persone, l’impegno civile, il ruolo della cultura, la centralità dell’essere umano e infine il coinvolgimento indispensabile dei giovani. Ora sta a noi tradurli in azioni e comportamenti coerenti perché il valore di una idea è metterla in pratica. Dobbiamo anche impegnarci a salvaguardare la democrazia senza mai darla per scontata perché può essere minacciata, dobbiamo quindi contribuire tutti ad alimentare modelli di convivenza civile e sostenibile per costruire un futuro intorno alla pace e alla giustizia, due parole che stanno al centro del Goal 16”.

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di Milos Skakal

 

Giovedì 14 Ottobre 2021