Evento sui Goal 7-13: su clima ed energia c’è bisogno di una governance nazionale

Mobilità sostenibile, mitigazione e adattamento, una riforma fiscale ambientale, la rendicontazione non finanziaria. Questi i temi al centro dell’incontro nazionale. Giovannini: “Le sfide sono moltissime, e i tempi stretti”. 2/10/21

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“È un momento storico di particolare attenzione”. Così ha esordito Luigi di Marco, referente del Gruppi di lavoro sui Goal 7 e 13 (rispettivamente energia e clima) e curatore della rubrica ASviS “Europa e Agenda 2030”, in occasione dell’evento nazionale “Oltre il fossile”, svoltosi il 1° ottobre presso l’Auditorium del Palazzo delle Esposizioni di Roma e in diretta streaming, dedicato al tema dell’emergenza climatica e della transizione energetica e organizzato dal Gruppo di lavoro ASviS sugli Obiettivi 7-13 dell’Agenda 2030. Per introdurre il convegno, parte dell’iniziativa “All4Climate – Italy 2021”, Di Marco ha ricordato che, in questa occasione come nel Rapporto ASviS 2021, “stiamo chiedendo ai nostri rappresentanti politici di agire in coerenza rispetto a quello che hanno dichiarato nel Green Deal Europeo”. A questo proposito, Di Marco ha presentato le proposte che il Gruppo di lavoro ritiene necessarie per un tangibile miglioramento delle questioni climatiche ed energetiche.

Un problema di governance. “Non è più parlare se, ma parlare come”, ha proseguito poi Toni Federico, presidente del comitato scientifico della Fondazione per lo sviluppo sostenibile e coordinatore per ASviS dei Gruppi di lavoro Energia e clima (Goal 7 e 13). Federico si è concentrato sul rincaro dei prezzi del mercato energetico: “Questo aumento va contrastato accelerando la transizione verso l’energia rinnovabile”; ha poi aggiunto che “alcuni Paesi stanno già ripiegando sul carbone e il petrolio, dal momento che costano meno”. Il coordinatore ha inoltre chiarito alcuni dubbi sulla diffusione delle energie rinnovabili, ridimensionando le preoccupazioni sull’utilizzo del suolo nazionale. “Con un raddoppio di produzione entro il 2030 – che comporta un raddoppio di superficie – per gli impianti fotovoltaici avremo utilizzato lo 0,66 per mille del territorio nazionale, lo 0,15% della superficie agricola (al netto dell’agrivoltaico) e l’1,6% appena della superficie non utilizzata”.

“Il problema dell’Italia è la governance”, ha proseguito Federico. “Secondo lo studio ‘European Governance of the Energy Transition’ di Enel e The European House – Ambrosetti, una transizione ben governata costerebbe circa 190 miliardi di euro, ma porterebbe guadagni per 400 miliardi di euro”.

Il coordinatore ha acceso poi i riflettori sulla “mancanza di politiche nazionali in favore dei Paesi in via di sviluppo”, nonché sulla “fabbricazione delle fake news”. Il riferimento è all’articolo Aziende fossili chiuse entro il 2030, pubblicato giovedì 30 settembre sul Corriere della Sera, dove i “dati del 2019 e 2020 risultano falsificati”, perché, al contrario di quanto si evince dall’articolo, “la temperatura continua drammaticamente a salire”.

Migliorare le infrastrutture per ridurre le diseguaglianze. “Dobbiamo realizzare gli interventi previsti dal Green Deal e attuare il Piano nazionale di ripresa e resilienza”. A dirlo è Enrico Giovannini, ministro delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili, che ha riportato nel suo videomessaggio i numerosi investimenti del ministero per una maggiore sostenibilità dei trasporti. “Siamo molto contenti che Pat Cox, Coordinatore europeo del Corridoio Scandinavo-Mediterraneo, abbia indicato il nostro investimento, in particolare sulle ferrovie (di quasi 30 miliardi di euro), come il migliore in tutta Europa, e il più coerente con il Green Deal”. Questo investimento, ha ricordato il ministro, non riguarda solo il sistema ferroviario ad alta velocità, ma anche la sperimentazione di treni a idrogeno, il rinnovo del materiale rotabile soprattutto per i treni regionali e locali per migliorare la qualità del servizio verso i pendolari o gli investimenti nelle ferrovie regionali.

Giovannini ha richiamato poi l’attenzione su tre questioni fondamentali: “Tutto questo basta per farci arrivare a una riduzione delle emissioni del 55% entro il 2030? La risposta è no”. Giovannini ha infatti affermato che non è sufficiente smettere di finanziare gli autobus diesel, ma è necessario sostituire quelli in circolazione, utilizzando i fondi del Pnrr in sinergia con le regioni. “Secondo aspetto: serve un cambio di paradigma per il sistemi di trasporti e l’edilizia, come indicato dal pacchetto Fit for 55”. Infine, il ministro ha affrontato il tema delle diseguaglianze. “Il Pnrr investe nel mezzogiorno una quantità di risorse consistente. Ma non esiste solo la disuguaglianza Nord-Sud. Abbiamo bisogno di un miglior bilanciamento delle azioni per le aree urbane e interne, così come per quelle tra centro e periferia. Per questo serve ricostruire il Comitato interministeriale per le politiche urbane. Le sfide sono moltissime, e i tempi stretti”.

Ci vuole più coraggio. “A livello europeo abbiamo visto un cambio di passo con la Commissione a guida von der Leyen. È un segnale importante che va riconosciuto. Però, tra le dichiarazioni e i fatti c’è una certa contraddizione”. A parlare è Eleonora Evi, europarlamentare e co-portavoce di Europa Verde, che ha evidenziato i segnali provenienti dalla Legge europea sul clima. “Questa legge è il primo segno che le cose non stanno andando con il coraggio previsto. Il 55% di riduzione al 2030 non è sufficiente a garantire che la temperatura non vada oltre gli 1,5°C. Vorremmo tagli del 65%”. Evi ha espresso anche alcune remore sul pacchetto europeo Fit for 55, considerato comunque “un buon inizio”.

L’importanza dei giovani. “In questo momento in Canada ci sono 34 gradi di temperatura. In Nord Dakota quasi 38. Se siamo atterriti noi, figuratevi le generazioni che saranno su questo Pianeta più a lungo”. Mariagrazia Midulla, responsabile Clima ed energia Wwf Italia, si è soffermata sulla “voce dei giovani”, considerata “un richiamo morale del fatto che stiamo andando contro tutte le leggi della natura”. A questo proposito, Midulla ha elencato le cinque priorità elaborate dal Wwf in occasione della prossima Cop26 di Glasgow:

  • decarbonizzare ora e velocemente;
  • agire tramite soluzioni basate sulla natura, particolarmente efficaci per combattere il cambiamento climatico;
  • aiutare la natura e le persone ad adattarsi;
  • finanziare il futuro, mantenendo le promesse sancite nell’Accordo di Parigi (100 miliardi di dollari all’anno per i Paesi in via di sviluppo) e concordandone di nuove per la Cop26;
  • passare all’azione subito, per arrivare all’obiettivo “carbonio zero” entro la metà del secolo.

Midulla ha richiamato poi l’attenzione sul fatto che ogni provvedimento governativo, oltre a una previsione di copertura finanziaria, dovrebbe avere anche una “copertura di CO2”, prevenendo le emissioni per ogni azione. “Abbiamo bisogno di una governance ambientale”.

C’è bisogno di un adattamento intelligente. “A fianco delle politiche di riduzione dei gas serra sono necessarie politiche di adattamento dei territori”, ha ricordato Francesca Giordano, ricercatrice Ispra, responsabile sezione valutazioni ambientali nelle aree urbane. “Se la mitigazione ha l’obiettivo di evitare ciò che diventerà ingestibile, l’adattamento ha come principale obiettivo ‘gestire l’inevitabile’”.

La ricercatrice Ispra ha indicato i due obiettivi fondamentali delineati, a livello europeo, in materia: raggiungere la neutralità climatica al 2050, ma anche rendere l’Europa più resiliente al cambiamento climatico. Per raggiungere questi traguardi, l’“adattamento deve essere più intelligente (basato su dati e conoscenze attendibili), più sistemico (coinvolgendo la società civile) e più rapido”. Al Pnrr, ha aggiunto Giordano, manca un piano di risorse finanziarie. “Senza questo non si può considerarlo un vero piano”.

Rovesciare il paradigma economico. Sugli effetti della transizione energetica sul mercato del lavoro è intervenuta Gianna Fracassi, vicesegretaria Cgil. “È difficile parlare di giusta transizione: discuterne oggi vuol dire, soprattutto dopo la Pandemia, provare a rovesciare il paradigma economico”. Fracassi ha richiamato l’attenzione sulla necessità di rideterminare le scelte economiche sulla base degli interessi delle persone e dell’ambiente. Inoltre, la vicesegretaria Cgil ha richiesto un “sistema di riqualificazione permanente”, in modo che i lavoratori e le lavoratrici possano essere in grado di affrontare i cambiamenti che si stanno verificando in ogni settore produttivo. Fracassi, inoltre, ha sottolineato che “non bastano le risorse europee”, ma c’è bisogno di uno strumento economico nazionale per la transizione green nel lavoro, oltre a strumenti di partecipazione adeguati: “Per parlare di giusta transizione deve essere garantita la partecipazione di cittadini e cittadine. Noi ci stiamo provando, come Cgil, Cisl e Uil”.

Elettrificare i veicoli è una sfida da non perdere. Anna Donati, responsabile mobilità Kyoto Club, ha dichiarato che “quello che decideremo in questi anni produrrà effetti anche nei vent’anni successivi. Dobbiamo ragionare sul subito guardando al dopo”. Per Donati, la chiave della qualità e vivibilità cittadina risiede nella mobilità urbana. “Quello che dobbiamo fare qui lo sappiamo: meno auto, più mobilità in bicicletta”. Per questo, ha aggiunto: “dobbiamo proporre sistemi per risparmiare il traffico: tra questi, lo smart working è molto importante”.

Tra le varie iniziative necessarie in questo senso, Donati ha evidenziato che “l’elettrificazione dei veicoli è una sfida che non possiamo perdere”, ricordando che non servono solo meno auto – “e quelle che restano devono essere elettriche” – ma anche autobus elettrificati, così come i veicoli commerciali leggeri e pesanti. “Dire ‘elettrificazione dei veicoli’ significa avere un piano industriale, fare ricerca sul tema delle batterie. Ci vogliono gigafactories in Italia”. Anche il trasporto marittimo e aereo sono settori che hanno bisogno di un forte cambiamento: “Il trasporto marittimo deve crescere moltissimo, ad esempio con l’elettrificazione delle banchine, ma anche con carburanti puliti. Mentre sul trasporto aereo – che non andrebbe incentivato – bisogna fare ricerca su fuel efficienti”.

L’Italia va avanti a rilento. Daniele Agostini, head of Low carbon and European energy policies di Enel, ha ricordato che “se vogliamo ridurre le emissioni entro il 2030, quello che vediamo è insufficiente”. Infatti, mentre Enel si dimostra all’avanguardia nello scenario internazionale, il panorama italiano “è fatto di luci e ombre”. “Dobbiamo concentrarci sui casi che hanno dimostrato un’evoluzione tecnologica dinamica per ridurre la CO2”, ha sottolineato Agostini. Tra questi, ad esempio, il settore dell’acciaio, leader nell’utilizzo dei forni elettrici. “Innovare e decarbonizzare è una mossa vincente”.

Inoltre, Agostini ha rimarcato che in Italia, chiunque desideri sviluppare rinnovabili in maniera adeguata va incontro a continui “problemi strutturali”. “II nostro Paese va avanti con il freno a mano tirato”, ha concluso Agostini.

Necessaria una riforma fiscale ambientale. Aldo Ravazzi Douvan, docente di sviluppo sostenibile (Luiss) ed environmental global governance (Tor Vergata) ed ex-presidente Comitato Ocse fiscalità ambientale, ha messo in risalto l’importanza degli strumenti economici per garantire una giusta transizione. “Il mercato non può risolvere tutti i problemi, ma può mandarci nella direzione giusta”. Stesso discorso vale per l’innovazione tecnologica, che deve essere guidata da strumenti economici giusti, se vuole essere duratura. Douvan ha inoltre rimarcato i vantaggi di una “riforma fiscale ambientale”, che stimolerebbe anche numerosi meccanismi di solidarietà sociale. Il professore ha richiesto inoltre di “fare un passo avanti” sulla rendicontazione non finanziaria, estendendola dalle grandi imprese a quelle medie e piccole. 

“Non abbiamo delle conclusioni. Gli speaker hanno aperto dei problemi su azioni che riteniamo indispensabili”, ha concluso il convegno Toni Federico, ricordando anche che l’ipotesi – paventata in alcuni dibattiti pubblici – di un rinnovato uso dell’energia nucleare, a giudizio del relatore, “è un fallimento della scienza internazionale”.

Per andare avanti nelle attività, bisogna attuare transizioni che riguardino le infrastrutture e le persone. Secondo Federico, “tra gli interessi delle imprese non dovrebbero esserci solo shareholder e stakeholder, ma il bene comune”.

A questo proposito, Luigi Di Marco, riprendendo le recenti parole del presidente del Consiglio Mario Draghi, ha aggiunto: “I soldi per i beni comuni non si chiedono. Si danno”.

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di Flavio Natale

Sabato 02 Ottobre 2021